spesometro come difendersi
Spesometro, come difendersi
di Alberto Marcheselli
Uno snodo fondamentale per delimitare le possibilità difensive del contribuente “aggredito” con un accertamento spesometrico o redditometrico passa, in pratica, attraverso la configurazione di tale strumento come presunzione legale o semplice: in particolare, se questo costituisce una presunzione legale, come la giurisprudenza afferma tradizionalmente, il contribuente non può contestare la plausibilità in sè della quantificazione del reddito operata dai coefficienti, ma fornire una prova contraria in senso proprio.
Simmetricamente, l'Ufficio non ha, in assenza di elementi particolari, risultanti dagli atti o dal contraddittorio, alcun onere di motivazione sulla plausibilità del risultato (ma solo sulla ricorrenza in diritto e in fatto dei presupposti per l'applicazione del redditometro: Cassazione, sez. trib., 11 gennaio 2006, n. 327, ove si rileva che neppure i redditometri dovrebbero essere motivati, trattandosi di atti normativi generali) né deve indicare gli estremi del redditometro applicato, secondo la giurisprudenza, purché indichi gli elementi di fatto su cui si fonda.
L’affermazione della natura di presunzione legale appare in realtà molto contestabile: sul piano sistematico, si tratta di illazioni deboli e concludere per la rigidità di una presunzione legale determina un risultato costituzionalmente dubbio. Molte sono, poi, le circostanze che, sole o combinate, possono incidere sulla plausibilità del risultato finale: in primo luogo, per ciò che concerne il quantum di ricchezza, in secondo luogo quanto a provenienza da reddito imponibile. Sul primo di questi aspetti incide, ad esempio, la contemporanea presenza di più fatti indice e le caratteristiche del contribuente: ad esempio, la struttura del nucleo familiare cui esso appartenga , fino ad arrivare alle singole propensioni, abitudini e interessi dello stesso.
Sul secondo, possono interferire una diversa provenienza della somma a disposizione: (senza pretese di completezza) reddito sì, ma già tassato (ritenute alla fonte a titolo di imposta, relativo a periodi precedenti), reddito esente, successioni e donazioni, smobilizzo di capitali, mutui, tutto ciò che in sostanza non rientri nella nozione di reddito tassabile in quel periodo.
Il carattere multiforme della realtà su cui il redditometro va ad incidere e le correlate necessità di «adattamento» si armonizzano assai meglio con una configurazione come «catalogo» precostituito di presunzioni semplici, da inserire nel contesto di un accertamento caso per caso, configurazione tuttavia finora respinta dalla giurisprudenza dominante.
Si può notare che, anche rispetto a tale metodo di accertamento, risulta quindi particolarmente utile l'attuazione del contraddittorio, quale strumento essenziale di adeguamento delle illazioni operate volta per volta dagli uffici sui dati di spesa (accertamento sintetico in senso stretto) ovvero fondandosi sui redditometri (accertamento sintetico redditometrico) alla realtà del singolo contribuente. Tale tipo di accertamento condivide con gli accertamenti fondati su parametri il dato, strutturale, di fondarsi su una elaborazione generale e astratta, bisognosa di adeguamento alla realtà del singolo contribuente, e per gli accertamenti mediante parametri o studi, collocati nella categoria degli accertamenti standardizzati la giurisprudenza ha già affermato che il contraddittorio deve essere offerto, a pena di nullità.
Tali rilievi sono stati recepiti dal legislatore che, con il D.L. n. 78/2010, ha modificato l’art. 38, comma 7, stabilendo espressamente che l'Ufficio che intenda procedere a determinazione sintetica (in senso stretto o c.d. redditometrica o spesometrica, commi 4 e 5 della stessa norma) ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione. L'obbligo di attivazione - che, per le ragioni appena esposte, a nostro avviso valeva anche per il regime precedente - ha ora una espressa copertura legislativa.
Ciò conduce all’ultimo profilo problematico dell’accertamento mediante redditometro: di quali difese dispone il contribuente nel merito?
La dizione letterale dell’art. 38 ha subito con il D.L. n. 78/2010 alcune modifiche: poiché la disciplina precedente resta applicabile fino agli accertamenti relativi ai redditi i cui termini di dichiarazione fossero scaduti alla data di entrata in vigore del decreto legge, si impone una trattazione che tenga conto di entrambe le discipline, per verificare quanto sia mutato.
La disciplina previgente si limitava a prevedere i presupposti e i limiti di applicazione dell'accertamento sintetico, a monte, e a menzionare, a valle, la possibilità di dimostrare che la ricchezza cui corrisponde l’indice sia costituita da redditi esenti o redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta. Interpretata a contrario la norma, sarebbe escluso di poter provare che:
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le illazioni operate dall'Ufficio, in sé, sono deboli e poco credibili in tutto o in parte;
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esistono dati ulteriori che provano che la ricchezza presunta non sussiste o sussiste in misura differente;
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esistono dati ulteriori che provano che la ricchezza, pur sussistendo nell’ammontare presunto, non costituisce reddito (frutto di smobilizzi patrimoniali, provento di successioni, etc.).
In realtà l’area dei fatti di possibile prova è più ampia, potendosi ipotizzare di contestare e provare che:
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il bene indice non è stato nella disponibilità del soggetto;
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il bene non è stato utilizzato (oggettivamente inutilizzabile oppure impossibilità soggettiva di utilizzarlo ovvero mancata utilizzazione di fatto);
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era nella disponibilità ma le spese (per l'acquisto, la manutenzione e/o il funzionamento) sono state sostenute da altri;
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le spese sono state insussistenti o inferiori (per rapporti di cortesia o per qualsiasi altra circostanza);
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il reddito tassabile era inferiore (determinato catastalmente, o determinato forfetariamente, ovvero si riesce a dimostrare, ad esempio, che il soggetto viveva a carico di altri e che, quindi, i coefficienti moltiplicatori previsti dai decreti, che tengono conto anche della quota di reddito da destinare al sostentamento, non potevano trovare applicazione);
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la spesa era da imputare a redditi elevati di periodi precedenti;
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si era trattato di disinvestimenti patrimoniali;
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si era trattato di mutui;
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si trattava di guadagni non costituenti reddito imponibile, per qualsiasi ragione, o di reddito già tassato.
Ammettere la libera prova di tali circostanze è condivisibile, anche se un po' disallineato dalla lettera della legge. Una via per giungere a questo risultato evitando imbarazzi è interpretare il riferimento al «reddito esente o assoggettato a ritenuta alla fonte» come esemplificazione . La Cassazione ha argomentato sulla sostanziale analogia tra le ipotesi contemplate e quelle sottaciute. In giudizio può pertanto essere ridotto o portato fino a zero il valore accertabile sinteticamente, mentre non potrebbe sostituirsi un l'indice di spesa valorizzato nell'accertamento con un altro..
La disciplina recata dal D.L. n. 78/2010 non muta particolarmente il quadro, visto che prevede - sia per accertamento sintetico in senso stretto, sia per accertamento redditometrico - che il contribuente può provare che gli indici sono stati finanziati con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
Restano pertanto attuali tutte le considerazioni sopra esposte, atteso che la nuova dizione della disposizione, come la precedente non comprende, alla lettera, tutte le possibili ragioni di esclusione della sussistenza di un reddito imponibile, la cui prova deve essere consentita.
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