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REDDITOMETRO

 

Il redditometro riscritto dalla Manovra correttiva

Maurizio Villani, Iolanda Pansardi

L'art. 22, D.L. n. 78/2010 (c.d. Manovra correttiva) riscrive la disciplina dell'accertamento sintetico e del redditometro, contenuta nell’art. 38, comma 4 e seguenti, D.P.R. n. 600/1973, con l'obiettivo "di adeguare l'accertamento sintetico al contesto socio-economico, mutato nel corso dell'ultimo decennio, rendendolo più efficiente e dotandolo di garanzie per il contribuente, anche mediante il contraddittorio".

Il fine è quello di renderlo più efficiente, nel senso - sembrerebbe di capire - di evitare che le "nuove" forme di spesa non vengano considerate o vengano considerate solo in maniera marginale nella determinazione del reddito presunto, dotandolo di garanzie per il contribuente, anche mediante la previsione del contraddittorio obbligatorio.

La nuova disciplina dispiegherà la propria efficacia a partire dagli accertamenti relativi ai redditi del periodo d'imposta 2009, mentre - per i periodi precedenti ancora accertabili, ossia quelli che vanno dal 2006 al 2008 (2005 in caso di omessa dichiarazione) - accertamento sintetico e redditometro continueranno ad essere applicati sulla base del testo dell'art. 38 antecedente alle modifiche. Vi sarà, quindi, un lungo periodo, considerando i termini per l'espletamento dell'accertamento, di convivenza fra i due regimi.

Il nuovo art. 38 si presenta, dopo gli interventi, profondamente ristrutturato. Si ritiene, peraltro, che se da un lato è certamente vero che il nuovo redditometro opererà con maggior penetrazione sul piano accertativo (per il solo fatto che sparisce il presidio del doppio scostamento annuale necessario e che la soglia di tolleranza si abbassa dal 25 al 20%), per altri versi, è certamente vero che il nuovo strumento sarà più equo nella determinazione del reddito presunto attribuibile al contribuente mirato. Invero, un redditometro tarato su spese che sono reali indicatori di un benessere sociale e comunque filtrato da una stima della situazione familiare e da un efficace monitoraggio delle condizioni socio economiche territoriali, è comunque uno strumento che garantisce più garanzia ed equità.

È bene precisare che l’intervento normativo evidenzia quelle che sono le linee guida sulle quali si baserà il rinnovato strumento accertativo in attesa di conoscere il contenuto del provvedimento attuativo che avrà la funzione di precisare il contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza.

Si noti, infine, che l'attuale formulazione rispecchia e mantiene, con qualche modifica, la situazione già presente in passato laddove nello specifico, il "nuovo" accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche si fonda su elementi indicativi di capacità contributiva espressamente indicati da un decreto ministeriale e su spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta.

La disciplina ante D.L. n. 78/2010

L'Ufficio può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno ¼ da quello dichiarato.

La determinazione induttiva del reddito può essere fatta dall'Ufficio in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d'imposta.

L’art. 2, comma 14-quater, D.L. n. 203/2005, modificando l'art. 38, comma 5, D.P.R. n. 600/1973, ha disposto che, se l'Ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, tale spesa si considera sostenuta - fatta salva l'eventuale prova contraria - nell'anno in cui è stata effettata e nei 4 (e non più nei 5, come nel vecchio testo) precedenti.

 


 

La difesa del contribuente

Per quanto concerne la difesa di fronte all'utilizzo del redditometro, l'onere di provare l'inesistenza della capacità reddituale determinata sulla base degli indici di spesa grava sul contribuente, ai sensi dell’art. 38, comma 6. Può, infatti, dimostrare che il maggior reddito presunto induttivamente dal redditometro è costituito o giustificato da redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta a titolo d'imposta o disinvestimenti patrimoniali, realizzazione plusvalenze non tassabili (generate, ad esempio, dalla vendita di immobili posseduti da più di 5 anni), rendite fiscali derivanti da regimi forfettari, mutui, che le spese sono state sostenute da altri soggetti (coniuge, genitori, o terzi), etc. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso deve risultare da idonea documentazione (Cass. sentenze n. 8075/2010, n. 6814/2009, n. 20588/2005).

 

L’oggetto della prova contraria

Il contribuente può, quindi, fornire le prove che giustificano le differenze tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile dal redditometro, dimostrando che:

  • possiede redditi esenti, quali Bot, Cct, e simili;
  • è titolare di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, quali depositi bancari, buoni postali o altro;
  • esercita attività d'impresa o di lavoro autonomo con proventi non tassabili o esenti, quali i redditi conseguiti dai cd. venditori porta a porta, soggetti a ritenuta a titolo d'imposta;
  • il reddito conseguito non è quello effettivamente conseguito per effetto della tassazione forfetaria prevista dalla legge;
  • ha venduto beni immobili.

L’art. 38, comma 6 sembra limitare la prova contraria alla dimostrazione, in positivo, di possedere, a giustificazione del maggior reddito accertato, proventi reddituali esenti o assoggetti a ritenuta definitiva alla fonte.

In questo contesto è anche intervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 6813/2009 che sembrerebbe ulteriormente restringere le argomentazioni difensive, ove si afferma che, “in relazione alle spese per incrementi patrimoniali rilevanti per il redditometro, la prova liberatoria a carico del contribuente deve essere data unicamente dalla dimostrazione dell'identità della spesa con i redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo d'imposta”.

A giudizio della Suprema Corte, quindi, non sarebbe sufficiente la prova della disponibilità di redditi esenti (o soggetti a ritenuta a titolo d'imposta), la qual cosa di per sé è già decisamente penalizzante, ma ulteriormente "la prova che la spesa per incrementi patrimoniali sia stata sostenuta, non già con qualsiasi altro reddito (ovviamente dichiarato) ma proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta".

Secondo altro orientamento, la prova contraria non è limitata a quella prevista dall’art. 38 (redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo d’imposta), ma è consentito dimostrare che il reddito presunto sulla base del coefficiente “non esiste o esiste in misura inferiore”.

L’onere della prova contraria può essere assolto dal contribuente in qualsiasi modo. Sarà possibile dedurre e dimostrare, quindi, non solo i fatti specifici indicati dalla legge ma, anche, quei fatti diversi che appariranno in grado di giustificare il possesso di determinati beni senza che ciò determini l’esistenza di un maggior reddito. La dimostrazione dell’insussistenza della maggior base imponibile, in dipendenza del possesso di beni patrimoniali, dovrà essere adeguata, concreta e tale da far ritenere che il possesso di determinati beni patrimoniali sia, pertanto, giustificabile da parte del contribuente e compatibile con il reddito dichiarato (Cass. sentenze n. 694, n. 5945 e n. 10385 del 2009; n. 11389, n. 10491 e n. 16472 del 2008; n. 26139/2007; n. 10350 e n. 14161 del 2003; CTP Vicenza 13 ottobre 2010, n. 148).

E proprio a tal proposito secondo la sentenza n. 4648/2008 della Corte di Cassazione, nell'ambito dell'accertamento induttivo basato sul cd. redditometro: “è nullo per difetto di motivazione l'avviso di accertamento che non riporti le repliche dell'Amministrazione finanziaria alle eccezioni opposte al contribuente”.

In particolare, trova applicazione il disposto dell'art. 12, comma 1, D.L. n. 69/1989 (convertito con modifiche con legge n. 154/1989) vigente all'epoca dei fatti, secondo il quale l'accertamento induttivo va effettuato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni.

Nella sua risposta il contribuente deve indicare i motivi per i quali, a seconda dell'attività esercitata, i ricavi, i compensi o i corrispettivi dichiarati sono inferiori a quelli risultanti dall'applicazione dei coefficienti. In effetti, nel caso di specie il contribuente aveva provveduto a trasmettere all'Ufficio delle deduzioni che giustificavano il minor reddito dichiarato, inferiore appunto a quanto emergeva dal redditometro, ma l'Ufficio, pur avendo emesso l'avviso di accertamento, non aveva indicato nella motivazione di questo un'adeguata replica atta a superare le deduzioni stesse.

 

Controlli preliminari degli uffici

Gli Uffici dovranno esaminare la documentazione prodotta dal contribuente, valutandone la probatorietà in relazione al possesso ed effettivo utilizzo nello specifico periodo d'imposta, nell'ambito del biennio oggetto di controllo nonché vagliare eventuali diverse giustificazioni, anche riferibili ai componenti il nucleo familiare, dello stesso tenore documentale che, pur non essendo espressamente considerate nell’art. 38, comma 6, sono, tuttavia, suscettibili di apprezzamento quali, ad esempio:

  • utilizzo di finanziamenti;
  • utilizzo di somme di denaro derivanti da eredità, donazioni, vincite, etc.;
  • utilizzo di effettivi redditi conseguiti a fronte di importi fiscali convenzionali (ad esempio, i redditi agrari tassati non in base al reddito effettivamente prodotto, ma alle rendite catastali aggiornate);
  • utilizzo di somme riscosse, fuori dall'esercizio dell'impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale.

Nell'ambito delle attività istruttorie, se ritenuto opportuno, il contribuente può essere convocato presso l'ufficio per gli eventuali ragguagli, e in tale ipotesi, evidentemente, gli è consentito produrre documentazione e riscontri a suo favore.

La questione del doppio scostamento

Problemi interpretativi sorgono nel redditometro sull’art. 38, comma 4, in relazione allo scostamento rispetto al reddito dichiarato per almeno due periodi d'imposta, atteso che ci si chiede se questi debbano essere obbligatoriamente consecutivi o meno.

In questo contesto, ci limitiamo ad osservare l'interpretazione data dalla Cassazione con sentenza n. 237/2009, secondo cui tali periodi non devono essere necessariamente consecutivi tra loro e anteriori a quello accertato. Per la verità, anche se la lettera della norma non prevede alcun limite, è evidente che, per essere un elemento significativo a supporto della presunzione, i periodi dovrebbero essere ragionevolmente vicini.

Ciò sembrerebbe significare come solo la notifica di accertamenti per anni d'imposta contigui possa rendere la pretesa tributaria rafforzata sul piano probatorio.

In effetti, le analisi estese su un arco temporale più ampio consentono di escludere da accertamento posizioni per le quali i redditi dichiarati, apparentemente non congrui in relazione alle spese sostenute, sono, in realtà, influenzati da situazioni contingenti, piuttosto che da perduranti e sistematici comportamenti evasivi.